Come quantificare l’assegno di mantenimento
Come quantificare l’assegno di mantenimento per i figli in caso di separazione è una domanda che mi viene posta molto frequentemente nel momento in cui mi trovo a patrocinare un cliente che sta affrontando una separazione e/o un divorzio in sede giudiziale.
Detto questo, ti evidenzio come la Corte di Cassazione Civile con la recentissima Sentenza n. 19299 del 16.09.2020 sia tornata sull’argomento statuendo sostanzialmente quanto segue: “A seguito della separazione personale, nel quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto”.
La vicenda analizzata dalla Suprema Corte ha tratto origine da un ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio (divorzio) proposto da un coniuge il quale ha chiesto la “riduzione” dell’assegno di mantenimento per i figli in € 1.000,00 in luogo di quello stabilito in sede di separazione che lo vedeva obbligato al pagamento di € 3.000,00.
A fondamento della propria domanda, il coniuge ha evidenziato come, a causa di una malattia sopraggiunta (dopo la separazione) e notevolmente invalidante per lo stesso, il medesimo non fosse più in grado di svolgere regolarmente la propria professione di dentista.
A conclusione del giudizio, il Tribunale interessato, riscontrata la riduzione della capacità di produrre reddito da parte del coniuge causata dalla cessazione totale dell’attività lavorativa, fissava l’assegno di mantenimento per i figli da lui dovuto in Euro 1.900,00, confermando le restanti condizioni pattuite in sede di separazione.
Non soddisfatto della riduzione dell’assegno di mantenimento per i figli stabilito dal Tribunale, il coniuge proponeva appello avverso la Sentenza.
A seguito del giudizio di appello, la Corte di Appello di interessata, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, determinava l’assegno di mantenimento per i figli dovuto dal coniuge nella somma minore di Euro 1.400,00.
A fondamento della propria decisione, la Corte di Appello evidenziava che in sede di separazione il coniuge, che attualmente beneficiava di una pensione di circa Euro 15.000,00 annui, si era obbligato a contribuire al mantenimento dei figli per Euro 3.000,00 mensili, somma superiore al reddito di allora (prima della malattia invalidante), che era pari a Euro 33.118,00 annui.
Secondo la Corte di Appello questo dato contabile faceva presumere che il l’altro coniuge potesse contare “su apporti stabili derivanti dai propri familiari e questa circostanza non era mai stata posta in contestazione.
Questo aiuto economico era quindi tale da consentirgli di versare un contributo di quell’ammontare”: in conseguenza, spiegava la Corte di Appello, nel “come quantificare l’assegno di mantenimento per i figli” dovesse tenersi in considerazione le elargizioni di denaro che, evidentemente, si protraevano con regolarità.
A seguito della Sentenza di chiusura del giudizio di appello, la vicenda approda dinanzi alla Corte di Cassazione.
Il coniuge obbligato al mantenimento lamentava infatti che la Corte di Appello avesse errato nel come quantificare l’assegno di mantenimento per i figli in quanto quantificato senza rispettare il “principio di proporzionalità” rispetto al reddito dell’istante, trascurando per l’effetto la maggiore capacità economica dell’altro genitore, tra l’altro nemmeno aggiornata.
La Corte di Cassazione Civile ha giudicato fondato il motivo per il seguente motivo:
A seguito della separazione personale, nel come quantificare l’assegno di mantenimento per i figli a carico del coniuge non collocatario, deve osservarsi il “principio di proporzionalità” che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto (orientamento già espresso nella Sentenza n. 17089 del 10.07.2013).
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Avv. Claudio De Fenu