Covid 19 – clausola – contratto di locazione
Ormai non vi sono dubbi sul fatto che, il Covid 19, tristemente noto come la pandemia del nostro secolo, oltre ad aver fatto emergere tutta la debolezza dell’attuale sistema sanitario italiano e non solo abbia, senza ombra di dubbio, causato gravissimi problemi anche sotto il profilo economico andando a minare pericolosamente la stabilità del paese.
In particolar modo, si sono verificate nel corso di questo periodo, delle criticità molto forti nei rapporti contrattuali, criticità che non hanno risparmiato, per ovvie ragioni, nemmeno i contratti di locazione, producendo contenziosi molto accesi tra locatori e conduttori di cui già qualcuno è approdato tristemente nelle aule giudiziarie.
Questo vero e proprio tsunami contrattuale delle locazioni è stato causato principalmente da un improvviso quanto repentino squilibrio delle prestazioni contrattuali a carico del locatore e di quelle a carico del conduttore.
Infatti, in ogni contratto e, quindi, anche in quello di locazione, deve sussistere sempre un perfetto equilibrio delle prestazioni a carico delle singole parti stipulanti altrimenti il contratto è da ritenersi viziato.
Equilibrio perfetto
Il concetto di equilibrio perfetto delle prestazioni deve essere analizzato sotto una duplice veste:
1) economico
2) normativo.
Dal punto di vista del profilo economico, l’equilibrio contrattuale deve essere inteso essenzialmente quale “valore delle prestazioni”, dando così preferenza ad una dimensione suscettibile di valutazione patrimoniale – prestazioni che, devono essere sempre considerate non singolarmente ma, bensì, tenendo conto dell’intera e complessa operazione economica di cui le stesse fanno parte.
Diversamente, dal punto di vista normativo, l’equilibrio delle prestazioni di un contratto, dovrà essere invece qualificato quale insieme delle prestazioni normative assunte dai soggetti aderenti alla contrattazione ovvero diritti e doveri, obblighi, oneri e rischi.
Tanto premesso, e continuando a parlare dei contratti di locazione (tema di questo articolo), è fuori dubbio che il Covid 19, sin dalla sua origine, abbia di fatto, comportato una forte alterazione delle prestazioni (obblighi) dovute dal conduttore ed in particolar modo ci si riferisce a quella di pagamento del canone originariamente convenuto internamente al contratto stipulato con il locatore.
Infatti, nel momento in cui il conduttore andava originariamente a stipulare/sottoscrivere il contratto di locazione (sia che lo stesso fosse ad uso abitativo e sia che lo stesso fosse ad uso commerciale) – prima della pandemia Covid 19, si è conseguentemente obbligato al pagamento mensile del canone locatizio per la fruizione/godimento dell’immobile di proprietà del locatore.
Ovviamente, nella determinazione dell’importo da corrispondere a titolo di canone locatizio al locatore/proprietario, il conduttore ha fatto originariamente affidamento sulle proprie entrate economiche (stipendio ove dipendente oppure redditi da lavoro autonomo ove titolare di partita iva e/o imprenditore).
Ecco che il Covid 19 ha fatto però saltare purtroppo tutti gli schemi ovvero ha provocato un alterazione dell’equilibrio delle prestazioni, avendo riguardo soprattutto a quella dovuta dal conduttore (pagamento del canone mensile convenuto nel contratto di locazione).
La maggior parte dei conduttori infatti, si è tristemente ritrovato in cassa integrazione subendo una fortissima contrazione del suo originario stipendio e/o ha visto azzerarsi completamente o quasi i suoi ricavi derivanti dall’esercizio della propria attività commerciale stante i noti provvedimenti presi dal Governo di chiusura totale di tutti gli esercizi commerciali (salvo alcuni).
Chiaro ed evidente che quindi coloro che si trovavano a condurre in locazione (abitativa e/o commerciale) un immobile non sono più stati in grado di onorare il pagamento dell’intero canone locatizio mensile convenuto nei singoli contratti in quanto divenuti eccessivamente onerosi – alcuni non l’hanno pagato in nessun modo in quanto materialmente impossibilitati a farlo.
Una vera e propria economia di “guerra” dove il concetto fondamentale era e continua ad essere purtroppo a tutt’oggi in alcuni casi la “sopravvivenza”.
Quanto sopra, ha comportato di conseguenza dei duri scontri con i proprietari degli immobili (locatori) i quali, molto spesso, non hanno voluto sentire ragioni circa le tante richieste pervenute dai conduttori di “riduzione” e/o “sospensione” del canone locatizio.
Le suddette richieste facevano leva sostanzialmente su 2 norme del codice civile:
1) art 1218 c.c. : Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile – nel caso specifico, il Covid 19 che, come detto, ha comportato in origine la chiusura di quasi tutte le attività commerciali in forza dei provvedimenti restrittivi adottati dal Governo, ben poteva essere certamente vista come una causa non imputabile al conduttore (causa di forza maggiore) per il mancato pagamento del canone convenuto nel contratto di locazione,
2) art 1467 c.c. : Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1458 c.c. – la risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto – La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto – in questo caso, è chiaro ed evidente che il conduttore, non lavorando più (a causa sempre della chiusura delle attività commerciali imposta dal Governo) oppure essendo stato messo in Cassa Integrazione (subendo quindi una contrazione del proprio originario stipendio) non era più in grado di far fronte al regolare pagamento dell’importo del canone locatizio convenuto nel contratto di locazione e quindi la propria prestazione (pagamento del canone) era divenuta veramente eccessivamente onerosa.
Detto questo, in tanti casi (trattati personalmente dallo scrivente) si è riusciti a raggiungere un accordo con la proprietà rimodulando per un periodo di tempo l’importo del canone di locazione – rimodulando inteso come riduzione e quindi non come sospensione.
La sospensione infatti avrebbe comportato il mancato pagamento del canone per alcuni mesi ma, tuttavia, lo stesso sarebbe rimasto dovuto e quindi nessun beneficio ne avrebbe tratto il conduttore considerato che a tutt’oggi, le attività commerciali seppur riaperte stanno comunque ancora subendo una forte contrazione economica – pensiamo solo ai Ristoranti e/o Bar.
In altri casi invece, stante la mancata accettazione da parte della proprietà/locatrice della richiesta di riduzione del canone locatizio da parte del conduttore (inoltrata per il tramite dello scrivente) si sono accesi contenziosi attualmente pendenti presso le aule giudiziarie che sempre lo scrivente sta gestendo.
Proprio per evitare il sorgere di nuovi contenziosi futuri tra proprietà ed affittuario, attualmente, è fortemente suggerita l’inserimento nei futuri contratti di locazione della cosiddetta “CLAUSOLA COVID“.
Nello specifico:
Nei contratti di locazione ad uso abitativo, il conduttore, che eventualmente risulta svolgere un’attività che verrà chiusa o che subirà in qualche modo le conseguenze di un Dpcm come quello attuale e/o quelli che in futuro verranno emessi, potrà richiedere di inserire una specifica clausola nel contratto di locazione.
Con tale clausola si potrà quindi predeterminare con il locatore/proprietario che, qualora dovesse intervenire un nuovo Dpcm che andrebbe a generare un’interruzione dell’attività lavorativa, si potrà procedere ad una rinegoziazione del contratto di locazione ovvero ad una riduzione del canone locatizio”.
In questo caso, le parti quindi si metteranno già d’accordo preventivamente e, questo accordo predeterminato (clausola Covid 19) a mio avviso andrà a vantaggio di entrambi ed eviterà soprattutto l’instaurarsi di inutili contenziosi.
Invece, nei contratti di locazione ad uso commerciale sarà invece necessario prevedere internamente agli stessi una clausola ad hoc (appunto clausola Covid 19), che però dovrà essere modulata in base al caso concreto e quindi in base all’attività e alle ipotetiche ripercussioni che potranno scaturirne da un’eventuale chiusura.
Volendo fare un esempio pratico si può analizzare l’attività commerciale svolta dai ristoratori.
Infatti, il soggetto che risulta avere attualmente un’attività di ristorazione e volesse concedere a terzi un fondo commerciale per aprire questo tipo di attività (contratto di locazione a terzi), dovrà riflettere molto bene e soprattutto dovrà necessariamente inserire nel contratto di locazione una clausola di forza maggiore (appunto clausola Covid 19), che preveda per esempio la possibilità di poter rinegoziare il contratto nel momento in cui si dovesse verificare una chiusura totale.
I provvedimenti governativi infatti creano delle situazioni differenti e quindi l’ideale sarà quello di cercare di modulare quanto più possibile nei singoli contratti le diverse soluzioni in base alle ipotetiche circostanze e ai rischi dell’attività.
In caso di necessità e/o chiarimenti su quanto scritto si può contattare lo studio compilando direttamente il relativo form contatti.